L'isolamento sociale del cane è maltrattamento
La legge italiana del 20 luglio 2004, n. 189 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 178 del 31 luglio 2004), regola tutta la materia penale relativa al maltrattamento animale, individuando tutti i comportamenti umani nei confronti degli animali che definiti reati e quindi vietati dalla suddetta legge e suoi articoli e fissando le pene pecuniarie e carcerarie.Si va da un minimo di tre mesi di detenzione a qualche anno e le multe comminate arrivano al massimo a 160.000 euro per l’organizzazione di lotte clandestine tra cani che ne provocano grave sofferenza, lesioni o morte. All’interno di questa legge, un articolo dedicato regola il reato di ‘abbandono di animale’, di cui una forma di reato derivato è quello di ‘chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”.E qui si apre uno scenario oscuro e – almeno per noi – non troppo chiaro su cosa si possa considerare ‘maltrattamento’ animale e cosa, al contrario, non rientra in questo reato pur avendone le caratteristiche.
Consideriamo, ad esempio, l’isolamento sociale a cui sono sottoposti ancora troppi cani che sono costretti a vivere una intera, miserevole vita, relegati nei giardini delle nostre case. Alle orecchie di persone informate, la locuzione ‘isolamento sociale‘, non può significare per i cani altro che una sofferenza, anche grave e che in molti casi sfocia in autolesionismo, invecchiamento e morte precoce. E tutto ciò può succedere sotto gli occhi di ‘compagni umani’ che non sospettano minimamente che la causa di quella sofferenza gliel’hanno procurata proprio loro, relegandoli in un giardino, o peggio, in un cortile o in un terrazzo.
Ma partiamo dall’inizio, dalle motivazioni sociali e vitali di un cane.
Il cane è un animale sociale – questo lo sanno pure i sassi – dalla notte dei tempi, ama vivere organizzandosi in gruppi, in branchi. In uno stato di natura, ogni elemento all’interno del branco, ha un suo ruolo specifico e dal gruppo ricava sicurezza. Lo stato di natura, traslato alla vita moderna, significa che quando si decide di adottare un cane, questo, accolto all’interno della famiglia, si sente parte di un gruppo sociale coeso, necessitando di riconoscersi in un ruolo all’interno dello stesso e di una vita condivisa e partecipativa.
Il cane è un animale sociale – questo lo sanno pure i sassi – dalla notte dei tempi, ama vivere organizzandosi in gruppi, in branchi. In uno stato di natura, ogni elemento all’interno del branco, ha un suo ruolo specifico e dal gruppo ricava sicurezza. Lo stato di natura, traslato alla vita moderna, significa che quando si decide di adottare un cane, questo, accolto all’interno della famiglia, si sente parte di un gruppo sociale coeso, necessitando di riconoscersi in un ruolo all’interno dello stesso e di una vita condivisa e partecipativa.
Al cane relegato tutto il giorno in giardino, a parte subire le intemperie invernali e i caldi ormai torridi delle nostre estati (e qui si aprirebbe un altro capitolo complesso), tutto questo viene negato, l’essenza fondamentale della vita gli è sottratta.Incredibilmente nel terzo millennio c’è ancora chi pensa che al cane sia sufficiente (anzi, sia un lusso) vivere in un giardino (piccolo o grande che sia), che gli basti avere spazio per circolare o fare delle corsette, che sia sufficiente dotarlo di un riparo per la notte (quanti di questi realmente caldi d’inverno e freschi d’estate? nessuno…), fornirgli cibo e acqua…anzi, magari, deve ritenersi pure fortunato.
Non sospettano – o forse molti di loro lo sanno e preferiscono negare l’evidenza – che quella è a tutti gli effetti una forma non troppo conclamata, purtroppo, di ‘maltrattamento animale’: perché, cosa se non l’isolamento sociale rappresenta la peggiore sofferenza psicologicamente che un cane possa subire, lui che della della vita in gruppo, in famiglia, fa la sua ragion d’essere? La mortificazione di tutte le sue motivazioni sociali è maltrattamento sociale, e ha una conseguenza sulla qualità di vita del cane e, spesso, sul suo stesso comportamento verso le persone. Non diciamo che il giardino sia una disgrazia per chi ha un cane, ovvio che no. Ma può diventare una gabbia non troppo dorata se è solo lo spazio dove relegare il proprio cane che lì vive la sua intera vita, in solitudine, senza giocare con i suoi compagni umani, diventa una prigione se le sue esperienze sociali con altri cani sono impedite, così come quelle di poter incontrare altri umani.
È negata la sua necessità di sentirsi parte di un branco, la sua necessità di relazionarsi con i suoi riferimenti umani, dare loro affetto e riceverne. Questi bisogno negati provocano presto o tardi degli scompensi: il cane è apatico, depresso, invecchia precocemente. Ogni soggetto è a sé, alcuni rivolgono la propria frustrazione verso il giardino stesso: scavano buche, distruggono impianti e reti, rovinano o abbattono le piante, mancando di esperienze sociali, potrebbero farsi troppo minacciosi o aggressivi con gli estranei, in una escalation di comportamenti problematici le cui cause ricadranno, immancabilmente, sul cane e non sulla cattiva gestione da parte del loro compagno umano.
Adottare un cane è soprattutto assumersi la responsabilità della qualità della vita di quel cane, si tratta di inserirlo a tutti gli effetti all’interno del nostro nucleo famigliare e di coinvolgerlo in esso. Non ci sogneremmo mai di relegare un nostro figlio della sua cameretta tutta la sua vita, allo stesso modo, le persone che credono ancora che il cane sia un riempitivo di un giardino o, peggio, il guardiano dello stesso o della loro casa (ci sono fior di allarmi super efficaci che fanno questo egregiamente), devono cominciare a guardare al loro cane come a un essere senziente, con esigenze di vita e socialità non dissimili dalle nostre.
Questo assunto dovrà entrare nella mentalità e nella cultura di tutti, al di là del fatto che un articolo specifico della legge 189, che regola il maltrattamento animale, preveda la punizione di ”chi detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze”. Difficilmente tali pene poi vengono applicate in questi casi palesi di maltrattamento animale, purtroppo, lo sappiamo, perché neanche il reato viene riconosciuto come tale di fatto, non ci sarebbero così tanti cani isolati nei giardini. Noi pensiamo che debbano essere ‘gli esperti’ (veterinari, etologi, cinofili), insieme con le persone più attente alle esigenze animali, a dover denunciare questo corto circuito normativo e di giustizia.
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Team APA
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